Ticino, 15 novembre 2019

Frontaliere spacciatore sposa una svizzera ma viene espulso lo stesso

Ha sposato una cittadina svizzera e con lei ha avuto una figlia. Ma non è autorizzato a vivere in Svizzera, poiché rappresenta “una minaccia grave ed effettiva per l’ordine pubblico”. Il Tribunale federale ha pubblicato oggi la sentenza con la quale ha respinto il ricorso presentato dall’avvocato Stefano Steiger per conto di un cittadino italiano cui il Dipartimento delle istituzioni ha negato il rilascio di un permesso di dimora. Nonostante i legami familiari in Ticino, l’uomo dovrà quindi tornare in Italia.

Classe 1980, il cittadino italiano è nato e cresciuto nella fascia di confine. Nel 2006 ha trovato un lavoro in Ticino come aiuto fabbro e ha iniziato a fare il frontaliere. Nel 2011 ha avuto una figlia con una ragazza svizzera e nel 2015 ha sposato la stessa ragazza svizzera. Ha quindi chiesto che il suo permesso per frontalieri fosse tramutato in un permesso di dimora.

Ma il Dipartimento delle istituzioni gli ha detto no, a causa dei suoi precedenti penali. Nel 2013 era stato condannato per una grave infrazione alla norme della circolazione stradale ma soprattutto nel 2015 era stato condannato a una pena
detentiva di 24 mesi sospesi per infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti. L’uomo era stato riconosciuto colpevole di aver spacciato oltre un chilogrammo di cocaina e mezzo chilogrammo di marijuana, di aver consumato oltre un chilogrammo di marijuana e 25 grammi di cocaina nonché di aver procurato alla propria compagna un “quantitativo imprecisato” di hashish, cocaina e marijuana.

I giudici federali hanno sottolineato che l’uomo “ha agito per mero scopo di lucro”, visto che disponeva al momento dei fatti di un impiego. Inoltre hanno ritenuto che sia come spacciatore sia come pirata della strada aveva effettivamente messo in pericolo l’incolumità di molte persone. Quindi, l’uomo “ha certo un interesse a vivere con la moglie e la figlia in Svizzera” ma il suo comportamento, “oltre a dimostrare la mancata integrazione del ricorrente in Svizzera, implica un chiaro interesse pubblico a negargli il permesso sollecitato”. Il Tribunale federale ha quindi respinto il ricorso presentato dal cittadino italiano, ponendo a suo carico le spese giudiziarie di 2’000 franchi.

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