Sport, 19 aprile 2024

Juan Manuel Fangio rapito! È Fidel Castro il mandante

Febbraio 1958: il campione argentino era a Cuba per il Gran Premio di formula 1

LUGANO - Storie dell’altro mondo, storie incredibili. Oggi il Mattino della Domenica inaugura una nuova rubrica, raccontando fatti e avvenimenti che hanno stravolto, sconvolto o sorpreso il mondo dello sport. La prima puntata è dedicata a Juan Manuel Fangio, il campionissimo delle quattro ruote, cinque volte campione iridato di formula 1 negli anni ruggenti e per un lungo periodo ambasciatore nel mondo della categoria regina della velocità. L’argentino, che durante gli anni Cinquanta aveva dominato in lungo e in largo le gare più prestigiose, fu al centro di un clamoroso caso di sequestro sull’isola di Cuba mentre si apprestava a disputare il Gran Premio. Fu rapito niente meno che dagli uomini di Fidel Castro. Il tutto ad un anno dalla rivoluzione dei cosiddetti barbudos che avrebbe cambiato il modo di vivere dei cubani.


La rivoluzione incombe
Inconsapevolmente Juan Manuel Fangio, che di politica non si intendeva e non apprezzava molto gli uomini di potere (anche se la sua figura fu spesso legata a Domingo Peron, presidente-dittatore argentino) permise all’opinione pubblica internazionale di conoscere il movimento ribelle dei bardudos, un gruppo armato che si opponeva alla dittatura di Fulgencio Batista, caudillo caraibico che aveva messo in ginocchio il paese. L’argentino in quel periodo era molto famoso come oggi lo è Max Verstappen o Cristiano Ronaldo. Ma la sua carriera era ormai giunta al termine per questioni di età (aveva 47 anni) e per questo motivo decise di ritirarsi, anche se volle comunque partecipare al Gran Premio di Cuba, in programma il 24 febbraio. Mal gliene incolse. Non sapeva, il pilota di Balcarce, che da tempo i rivoluzionari castristi pensavano ad una azione spettacolare e dimostrativa per portare l’attenzione del mondo sulla situazione cubana e sul governo, considerato“fascista e filo-americano”. La capitale Avana a quei tempi era teatro di bagordi di ogni genere, con la compiacenza di autorità corrotte e senza scrupoli. Fidel Castro e i suoi uomini, che agivano nella clandestinità, miravano a rovesciare il quadro politico. E così la sera del 23 febbraio avvenne il fattaccio. Il pilota argentino alloggiava al Hotel Lincoln e mentre stava chiacchierando nei corridoi con uno dei suoi meccanici fu avvicinato da un giovane di alta statura e piuttosto robusto, tale Manolo Uziel, che gli puntò una pistola alla schiena: “Mi scusi signor Fangio, sono del Movimento 26 luglio, lei deve venire con me, non mi costringa a sparare”, disse.


Sangue freddo
Secondo il racconto
alla polizia di un cameriere,l’argentino mantenne una calma straordinaria eseguì il sequestratore su una vettura americanaparcheggiata fuori dall’albergo. Fangio fu costretto a sistemarsi sui sedili posteriori. La vettura allora si mise in moto e al primo posto di blocco riuscì a passare indenne e prese la direzione delle colline sovrastanti la capitale. Il pilota riusci a mantenersi calmo e addirittura, secondo testimonianze dell’epoca, prese in giro i rapitori per la loro guida. Venne in seguito portato in una bella casa coloniale dove un signora gli cucinò uova e patate. Il sequestro tuttavia durò solo un giorno e durante lo stesso il campione del mondo fu costretto a cambiare casa per due volte. I rapitori, due insegnanti di scuola e tre contadini, chiacchierarono appassionatamente con lui di sport e politica. Come se si trovassero al bar. Naturalmente la notizia del sequestro fece il giro del mondo. Alcune scuderie chiesero agli organizzatori di annullare il Gran Premio: Batista non volle ascoltare ragioni e la corsa si disputò.


Grave incidente
La gara fu funestata da un gravissimo incidente: la Ferrari del cubano Armando Garcia Cifuentes si schiantò sul pubblico provocando la morte di 7 persone ed un numero imprecisato di feriti. Il pilota si salvò miracolosamente. Per la cronaca: la vittoria andò a Stirling Moss. E Fangio? Ottenuto il loro scopo, i sequestratori lo rilasciarono il giorno dopo il rapimento e l’argentino li ringraziò per avergli impedito di correre. “Forse mi salvarono la vita”ebbe a dire anni dopo. Al momento del rilascio, comunque, alcuni temettero che la polizia di Batista avrebbe potuto uccidere Fangio per poi addossare la colpa ai castristi. Ma Fangio ebbe un’idea: si fece rilasciare proprio davanti all’ambasciata del suo paese, dove lavorava, ironia della sorte, il cugino del Che Guevara, argentino anche lui. Alle porte dell’ambasciata, disse ai militari argentini di guardia: “Questi sono i miei gentili amici sequestratori”. Prima di rilasciarlo, i castristi gli chiesero nuovamente scusa per il disturbo. Il campione ritornò a Cuba solo nel 1981, da presidente della Mercedes, per conto della quale vendette delle automobili al governo. In quell’occasione rivide tutti gli uomini che lo avevano sequestrato e fu ricevuto dallo stesso Fidel Castro, che gli chiese perdono per il rapimento. Quando Fangio compì 80 anni, ricevette un telegramma dall’Avana firmato “i tuoi amici sequestratori”.

SIMON DE LAVEGA

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