Mondo, 18 dicembre 2018

Quale sarà il futuro dei gilet gialli, pronto un partito per le europee

La protesta dei gilet gialli si sgonfia da un punto di vista di mobilitazione fisica, per le strade e le piazze del Paese. Dopo settimane di protesta anche violenta, era più che naturale un caso fisiologico. Come detto da una delle “leader” delle manifestazioni, non si poteva continuare a rimanere in strada per tutta la vita. E così è stato, come dimostrato anche dalle proteste di ieri a Parigi, sicuramente meno violente e di massa come era stato nelle settimane scorse. Il mix di stanchezza, annunci di Emmanuel Macron, terrorismo, e  ha creato il terreno fertile per una protesta meno massiva.

Il fatto che questa domenica, Parigi e la Francia non siano state teatro di guerriglia urbana, non significa però che i gilet gialli siano scomparsi. L’assenza di scontri non deve trarre in inganno. Perché, come già detto in questa testata, i gilet gialli più che essere una protesta fine a se stesse, rappresentano un intero spaccato della società francese che si è ribellato a determinate politiche. E al netto di casseurs, teppisti infiltrati e violenza, quello che resta è un moto di protesta vivo e feroce. Una Francia che ribolle in una sorta di camera magmatica e che erutta in superficie nel momento in cui la le politiche del governo si incrociano con una situazione economica già deficitaria.

La lezione che se ne può trarre è che esiste una Francia diversa e marginalizzata rispetto a quella propugnata da Macron. Ed è quella Francia che si è rivoltata contro le proposte politiche di Parigi. È la Francia delle periferie: non solo delle metropoli, ma anche del Paese. Come ha spiegato Jacques Sapir a La Verità, il motivo della protesta che è scattata dal caro-carburanti, nasce da un motivo chiaro: “Nella Francia rurale e di provincia c’ è una grave carenza di infrastrutture. Al tempo stesso, chi vive in quelle zone è costretto a usare la macchina per andare a lavoro nei centri urbani. Le famiglie a volte devono acquistare anche più di una macchina, perché magari mentre uno dei genitori va a lavoro, l’ altro deve accompagnare i figli a scuola”, così, “la tassa sui carburanti ovviamente è stata vissuta come una misura vessatoria nei confronti delle famiglie di basso reddito”.

Questa vessazione è poi sfociata nel fiume in piena che ha invaso la Francia, fatto di
proteste, blocchi stradali e anche guerriglia e morti. L’ultimo pochi giorni fa. E tutti iniziano a domandarsi cosa succederà ai gilet gialli ora che e proteste iniziano lentamente a scemare. L’idea è che questo sentimento di protesta posa scindersi in due tronconi: chi vuole strutturarsi come partito autonomo e chi invece tenderà a defluire nei due partiti estremi, a destra come a sinistra, che hanno cavalcato la protesta: Rassemblement National e La France Insoumise.

Naturalmente questo può avere due conseguenze del tutto differenti. Nel caso in cui i gilet gialli si strutturassero come partito autonomo, di fatto potrebbero irrompere nel panorama politico europeo diventando un movimento replicabile in altri Paesi come partito “populista” che si aggiunge ad altri movimenti già esistenti. Alcuni analisti danno addirittura una possibile lista dei gilet jaunes in Francia al 14% alle prossime elezioni europee. Questo chiaramente potrebbe creare una situazione molto complicata. In cui paradossalmente potrebbe avere la peggio proprio tutto il sistema politica francese esterno a Macron. Vista la struttura politica e costituzionale francese, un altro partito che si somma a quelli fuori dall’arco di potere potrebbe infatti premiare il centro. Che è in realtà l’obiettivo della protesta.

L’alternativa, invece, è che adesso i gilet gialli abbiano dimostrato che esiste un Paese che protesta. Ma anche che questa protesta possa incanalarsi nei partiti che già esistono e cioè quelli di Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon. E questo sarebbe lo scenario migliore per entrambi i leader. Specialmente per la le Pen, che è diventata la rappresentante politica più legata e affine alla protesta dei gilet gialli. Anche lei si rivolge alla Francia profonda, e anche lei contrasta Macron così come alcune politiche che i manifestanti hanno come obiettivo: la globalizzazione, la delocalizzazione, l’Unione europea e la tassazione estrema.

Gli ultimi sondaggi, a tal proposito, danno una destra in fortissima ascesa, che potrebbe anche superare lo stesso partito di Macron: En Marche!. Sarà questo il vero punto interrogativo del prossimo futuro dei gilet, quello di capire se ingrosseranno le fila di un partito per colpire Macron, o diventare essi stessi forza d’opposizione. Ma dalle conseguenze molto aleatorie.

(Via gliocchidellaguerra.it)

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