Mondo, 08 luglio 2018

Il Giappone ha eseguito la condanna a morte di Shoko Asahara

Venerdì in Giappone è stata eseguita la condanna a morte di Shoko Asahara, il leader della setta apocalittica che organizzò un attentato nella metropolitana di Tokyo nel 1995 utilizzando il sarin, un potente gas nervino, che causò la morte di 13 persone e ne fece ammalare più di seimila. Oltre ad Asahara, sono state eseguite le condanne a morte di altre sei persone, che facevano sempre parte della setta Aum Shinrikyō (“Suprema verità”). Come prevede la legge giapponese, le esecuzioni sono state condotte per impiccagione nei centri di detenzione di Tokyo e Matsumoto dove erano imprigionati i sette membri di Aum Shinrikyō.

 

Nato nel 1955 nell’isola sud-occidentale di Kyushu, Asahara (Chizuo Matsumoto)aveva iniziato a raccogliere adepti per la sua setta negli anni Ottanta, dopo avere aperto una scuola di yoga. Il suo culto metteva insieme elementi del buddismo e dell’induismo, con l’aggiunta di elementi dal cristianesimo e dall’occulto. Asahara sosteneva che ci sarebbe stata presto un’apocalisse, causata da un attacco nucleare da parte degli Stati Uniti, e che solo la sua setta avrebbe potuto garantire la salvezza e la sopravvivenza.


Molto abile a condizionare i suoi interlocutori e a confondere religione, misticismo e meditazione, Asahara espanse enormemente la setta, che raggiunse i 10mila adepti solo in Giappone. Altri 30mila seguirono i suoi insegnamenti in Russia. Nel 1990, insieme a una ventina di altri membri, Asahara tentò la strada della politica candidandosi alle elezioni per la Camera alta del Parlamento giapponese. La mancata elezione – stabilirono in seguito le indagini – fu probabilmente una delle cause che lo portarono a organizzare l’attentato terroristico, una sorta di vendetta.

 

Alle 8 del mattino del 20 marzo 1995, nell’ora di punta in cui milioni di persone viaggiano sulla rete metropolitana di Tokyo per andare al lavoro, cinque membri di Aum Shinrikyō salirono sui convogli della metropolitana portando con loro sacchetti di plastica contenenti sarin allo stato liquido e un ombrello, cui avevano reso appuntita e affilata la punta. Forarono il sacchetto con l’ombrello senza farsi notare, liberando la sostanza tossica, e fuggirono rapidamente all’esterno della metropolitana. Migliaia di persone inalarono il sarin e iniziarono a tossire, respirare a fatica e sentirsi male. Alcuni

riuscirono a scappare e a raggiungere stremati le uscite della metropolitana, con la schiuma alla bocca e tossendo sangue. Molti altri persero i sensi all’interno dei convogli.


Nei minuti successivi intervennero le forze di sicurezza e difesa, insieme con il personale di soccorso, mettendo a rischio la loro stessa incolumità perché non si sapeva che cosa avesse determinato il malessere tra i passeggeri. Alla fine si contarono 13 morti e 6mila persone con sintomi più o meno gravi riconducibili agli effetti dell’agente nervino. Fu il peggiore attentato terroristico nella storia recente del Giappone ed ebbe grandi conseguenze sulla percezione della sicurezza nel paese, non abituato alle minacce terroristiche e più in generale ai crimini.


Per due mesi Asahara riuscì a sfuggire all’arresto, fino a quando fu trovato in un’intercapedine che aveva ricavato dietro un muro nel complesso della setta nei pressi del Monte Fuji. In seguito si scoprì che il leader di Aum Shinrikyō era anche il responsabile di un altro attacco condotto nel 1994 a Matsumoto sempre utilizzando il sarin e che aveva causato la morte di 8 persone e il ferimento di altre 100.


I familiari delle persone morte nei due attacchi terroristici hanno commentato positivamente l’esecuzione delle condanne a morte per Asahara e gli altri sei membri della setta. Le organizzazioni contro la pena di morte, a cominciare da Amnesty International, hanno invece criticato la decisione ricordando che l’uccisione di una persona «non porta a nessuna giustizia». In Giappone le condanne a morte non sono molto frequenti: nel 2017 ne sono state eseguite 4, mentre nel 2016 3.


Formalmente Aum Shinrikyō non esiste più ed è stata messa al bando, ma intorno al 2000 è sostanzialmente tornata a esistere con il nuovo nome Aleph, la prima lettera dell’alfabeto ebraico. I suoi adepti dicono di avere disconosciuto Asahara e hanno concordato il pagamento di alcuni risarcimenti alle famiglie delle persone morte negli attacchi. Si stima che la setta abbia oltre 1.600 adepti in Giappone e quasi 500 in Russia, con un patrimonio intorno ai 7,5 milioni di euro. Il sospetto è che alcuni adepti continuino a seguire gli insegnamenti di Asahara. Anche per questo motivo la sede della setta a Tokyo è tenuta costantemente sotto sorveglianza.

(via ilpost.it)

 


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