Una rivincita enorme per Donald Trump: la Corte Suprema americana ha confermato il bando imposto dalla sua amministrazione all'ingresso negli Usa per i cittadini di diversi paesi, di cui la gran parte è a maggioranza religiosa, respingendo la tesi che si tratti di un provvedimento incostituzionale e discriminatorio su base religiosa o che ecceda l'autorità del presidente. Il 'travel ban' è diventato uno dei primi e controversi provvedimenti che il tycoon presidente ha emanato pochi giorni dopo il suo insediamento alla Casa Bianca all'inizio del 2016, scatenando proteste, opposizione e innescando una battaglia legale con la decisione di giudici che Stato per Stato hanno a più riprese sconfessato e tenuto fermo il provvedimento. Una sfida cui la Casa Bianca ha risposto rivedendo il testo, aggiustandone la stesura, rivalutando uno per uno i paesi interessati: sono adesso Iran, Libia, Somalia, Siria e Yemen, con il Ciad che è stato rimosso dalla lista nella terza versione presentata lo scorso settembre, quella su cui la Corte suprema ha espresso il suo giudizio con cinque voti favorevoli e quattro contrari.
A scandire i termini della decisione il giudice John Roberts, che nella sua 'opinione di maggioranza' (insieme con gli altri quattro giudici conservatori sui nove che siedono alla massima corte) ha riconosciuto al presidente il potere sostanziale